Curiosità - Famiglie di esploratori, i Savorgnan di Brazzà

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La cronaca riconducibile al teodolite ci riporta alla famiglia Savorgnan, ricca borghesia e aristocrazia friulana tra cui ritroviamo Pietro e Giacomo Sarvognan di Brazzà. Pietro, esploratore, naturalizzato francese, aprì alla medesima, l'ingresso lungo la riva destra del fiume Congo, consentendo così lo stabilimento delle colonie francesi in Africa. Partito il 27 dicembre 1879, di Brazzà raggiunse il fiume Congo nel 1880 e grazie ai suoi modi semplici, gentili e con un approccio pacifico, propose al re Makoko di Mbe dei Bateke di porre il suo regno sotto la protezione della Francia. Makoko, spinto da interessi commerciali e dalla possibilità di indebolire i suoi rivali, firmò il trattato, permettendo anche un insediamento francese a Nkuna sul fiume Congo, che verrà chiamato più tardi Brazzaville, nome mantenuto tutt'oggi dai governi post-coloniali.

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Giacomo Sarvognan di Brazzà, invece, dopo la laurea in Scienze naturali conseguita a Roma nel 1882 può finalmente dedicarsi a tempo pieno alla sua grande passione, i viaggi e le esplorazioni, quando agli inizi del 1883 partecipa alla terza spedizione nell’Africa equatoriale interna, nella regione del basso corso del fiume Congo. Inquadrato inizialmente in una missione scientifica di supporto con il compito di riportare in Europa esemplari di fauna, flora e minerali della zona, a Giacomo vengono successivamente affidati veri e propri incarichi esplorativi che culminano nella perlustrazione del bacino dell’Ogooué e nella risalita del Congo. Tornato in Europa nel 1886, espone in importanti consessi i risultati scientifici della missione, annotati in diari e illustrati da disegni e fotografie, che gli valgono anche prestigiose onorificenze, tra cui la Legion d’onore franceseGiacomo Savorgnan, nelle fotografie riportate a noi, non posa col frustino o col fucile, da conquistatore o già dominatore, Giacomo Savorgnan di Brazzà non posa affatto. Sta lavorando, sta compiendo misurazioni o, più probabilmente, sta tarando lo strumento. La macchina fotografica, così come il teodolite, gli hanno permesso di conquistare e di dominare un mondo nuovo che ha potuto esplorare per tre anni. Il ritratto con il teodolite è una fotografia che coglierà come iconico, paradigmatico e simbolico quell'uomo bianco già un po' africanizzato intento non a prendere (come dire a distruggere), bensì ad apprendere (come dire costruire), come a rimandare ad un espansionismo imperialista non certo indolore, ma umano, rispettoso e rispettabile.



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